Project Description
I NOSTRI PROGETTI:
RESET – Walking to break with the past
Reset – Walking to break with the past è un progetto di recupero e reinserimento sociale rivolto a giovani detenuti tra i 16 e i 24 anni, sottoposti a provvedimento definitivo di condanna da parte dell’autorità giudiziaria con limitazione o restrizione della libertà personale, in regime di media sicurezza senza aggravanti di pericolosità sociale a 6/9 mesi dal fine pena.
I nostri ragazzi, dopo una prima fase di orientamento, elaboreranno un proprio piano di reinserimento sociale individualizzato, comprendente attività formative, di sostegno individuale e sociale, che si dispiegherà nel corso dell’attuazione del progetto: le attività di Reset- Walking to break with the past avranno una durata complessiva di 10 mesi.
L’elemento centrale ed innovativo di Reset – Walking to break with the past è rappresentato dal cammino giudiziario, principale misura di empowerment rivolta ai destinatari. Il progetto è parte del Network Europeo Between Ages, che ha come obiettivo quello di favorire la diffusione a livello continentale di buone pratiche in materia di reinserimento di giovani detenuti e NEET basate sul cammino giudiziario – http://www.betweenages-project.eu/home.html – https://www.facebook.com/betweenages/
La devianza giovanile si sviluppa statisticamente quando la socializzazione, quindi l’assimilazione delle norme del corretto vivere sociale, è influenzata negativamente da fattori ambientali, rappresentati ad esempio dal gruppo di pari, dal gruppo familiare, dalla residenza in quartieri degradati ad alto tasso di criminalità. Il carcere non solo è inefficace, dati gli elevati tassi di recidiva misurati nel nostro paese, ma è dannoso per individui che si trovano in questa fascia d’eta. Scardinare le abitudini criminali di giovani adulti è possibile agendo a livello psicologico e formativo, accrescendo l’autostima, la stabilità, le competenze anche relazionali e la capacità di orientamento dei beneficiari, potenziandone la capacità di scegliere e agire autonomamente, consapevolmente e razionalmente nella società. I progetti di recupero basati sul cammino giudiziario a cui Reset – Walking to break with the past è ispirato, nel Nord Europa presentano tassi di recidiva nei beneficiari del 30%, contro il 70% che si registra tra i giovani inviati in carcere.
Dare una seconda possibilità ai nostri giovani, restituendo alla collettività capitale umano in grado di dare il suo contributo positivo alla società, riducendo i costi sociali della devianza criminale. Questo l’obiettivo di Reset – Walking to break with the past.
Gli obiettivi
L’obiettivo di Reset – Walking to break with the past è quello di accrescere nei beneficiari:
- Stabilità emotiva e benessere psicologico.
- Responsabilità: saper valutare, ascoltare e confrontarsi, argomentando i propri punti di vista e, soprattutto, saper prendere decisioni dopo aver esaminato le diverse possibilità.
- Progettualità: a partire dalla consapevolezza delle proprie potenzialità e dei propri limiti, saper progettare un futuro di lavoro e relazioni affettive significative, con realismo e conoscenza del proprio contesto sociale.
- Abilità sociali: sapersi relazionare in modo costruttivo con la collettività, soprattutto con il gruppo di pari, quello familiare e rispetto all’ambiente di formazione/lavoro, mantenendo gli impegni concordati, sapendo gestire frustrazioni ed aggressività con spirito di cooperazione e di sana competizione.
Abilità pratiche: saper gestire le incombenze della vita quotidiana, dagli aspetti individuali (ad esempio la gestione del denaro, la cura personale, ecc) a quelli sociali (ad esempio sapersi rapportare con le istituzioni e la rete dei servizi sociali).
L’Oasi Cooperativa Sociale
Il Cammino giudiziario
Il pellegrinaggio giudiziario è la misura centrale e l’elemento maggiormente innovativo del progetto: ad esso sono dedicati circa due mesi e mezzo di attività, tra cammino, esperienze di cittadinanza attiva e volontariato svolte durante il viaggio presso partner del progetto e misure di assistenza psicologica.
Il percorso che verrà proposto ai beneficiari corre lungo un itinerario circolare con partenza ed arrivo a Trevignano Romano già definito in fase di progettazione, che si snoda lungo gli itinerari della Via Francigena, della via di San Benedetto e della via di San Francesco, interamente sul territorio nazionale. Il percorso è articolato in 55 tappe dalla lunghezza media di 20 chilometri circa per una durata complessiva di 64 giorni, comprendendo le soste per il riposo (1 a settimana) e le attività educative, i tempi legati alla logistica e ad eventuali imprevisti.
L’itinerario è stato pensato in modo da mantenere i pellegrini entro una distanza massima di circa 250 km da Trevignano Romano, sede del progetto, così da facilitare gli spostamenti degli operatori che dovranno fisicamente raggiungere i beneficiari per lo svolgimento delle attività di assistenza psicologica ed empowerment previste, oltre che per consentire un rapido intervento dello staff della Cooperativa in caso di problemi. Il cammino sarà svolto da due beneficiari per volta, accompagnati da un adulto accuratamente selezionato per svolgere tale compito.
Il progetto
Reset – Walking to break with the past è basato sull’elaborazione di percorsi di recupero individualizzati, della durata di 600 ore, aderenti alle necessità effettive del singolo beneficiario, con attività tarate e adattate alle specificità degli utenti.
Inizialmente saranno quindi proposte ai nostri ragazzi misure di orientamento e valutazione dei bisogni e delle competenze, che avranno come output l’elaborazione del percorso di recupero di ciascun beneficiario.
Attraverso l’attuazione di quest’ultimo, i ragazzi saranno avviati su traiettorie di inclusione sociale e realizzazione personale attraverso lo svolgimento di attività di empowerment individuale e di comunità, che saranno svolte in parallelo ad un’azione di assistenza nella risoluzione delle fragilità attinenti la sfera materiale, psicologica e affettiva dei soggetti affidati. Il cammino giudiziario sarà la principale misura di empowerment individuale attivata in questa fase.
Ciascun destinatario sarà seguito da un assistente sociale con funzione di case manager, che avrà il compito di assistere il beneficiario nella definizione del progetto di recupero individualizzato e nell’attuazione pratica di quest’ultimo. Il case manager rappresenta la figura che accompagnerà il beneficiario durante lo svolgimento di tutte le attività previste dal progetto, rappresentando per l’utente una figura di raccordo e di riferimento nello svolgimento delle diverse fasi.
Nella sua azione, il case manager sarà coadiuvato dallo psicologo che segue il soggetto e dal coordinatore di progetto. Insieme queste tre figure andranno a formare un team di sostegno, responsabile dell’andamento generale del progetto nei confronti dei singoli beneficiari, che sarà incaricato di rispondere alle eventuali criticità che dovessero emergere in fase di svolgimento del cammino o delle altre attività di cui si compone.
L’organico del progetto sarà composto complessivamente da 2 assistenti sociali, uno psicologo e quattro operatori specializzati, oltre al coordinatore di progetto. Le attività che necessitano di figure professionali specialistiche saranno invece portate avanti da professionisti esterni, quali ad esempio formatori o legali.
Cos’è il cammino giudiziario.
I percorsi rieducativi incentrati sul cammino sono stati ideati e realizzati per la prima volta dall’organizzazione belga Oikoten-Alba circa 40 anni fa. Da allora quella che era un’esperienza pioneristica ha dimostrato la sua efficacia, diffondendosi in diversi altri paesi europei. Centinaia di ragazzi con problemi giudiziari alle spalle hanno preso parte ai cammini giudiziari organizzati dai diversi enti impegnati in questo campo. Di questi la grande maggioranza (dal 70 all’80%, a seconda dei paesi considerati) è riuscita a lasciarsi alle spalle le proprie abitudini criminali.
Reset è un progetto pilota: dimostrando la fattibilità logistica e legale nonché l’efficacia di simili percorsi di recupero si cercherà di diffondere tra le organizzazioni impegnate in Italia nell’assistenza e nel recupero dei detenuti e tra i diversi tribunali di sorveglianza la conoscenza del cammino giudiziario come misura alternativa al carcere, utilizzabile nei casi di affidamento del detenuto in prova ai servizi sociali.
I percorsi di recupero basati sul pellegrinaggio giudiziario sono diffusi, oltre che in Belgio, in Francia e Germania. I giudici in questi paesi commutano la pena inflitta ai giovani detenuti che ne fanno richiesta, e che sono reputati adatti, nell’obbligo di svolgere un pellegrinaggio a piedi verso una meta prestabilita, su percorsi organizzati da enti del terzo settore che operano in questo genere di attività. Ogni organizzazione ha personalizzato il suo metodo: mediamente i ragazzi percorrono tra i 1800 e i 2500 chilometri a piedi, accompagnati da una guida adulta. Il numero dei ragazzi partecipanti al singolo cammino varia da 1 a 2 per accompagnatore, a seconda dell’organizzazione.
I meccanismi di efficacia e la valenza rieducativa
I meccanismi di efficacia e la valenza rieducativa del pellegrinaggio giudiziario possono essere facilmente valutati guardando a come l’esperienza stessa del cammino va ad influire sulle variabili evidenziate dalle teorie che tentano di spiegare il fenomeno della delinquenza giovanile.
Il cammino segue uno schema logico: separa il giovane dal suo ambiente di provenienza, lo porta a vivere un’esperienza sociale nuova e introspettiva, ricca di spunti di riflessione, e infine lo reintroduce nella società, dove potrà cercare di realizzare le prospettive di futuro che ha immaginato. Uno schema simile si ritrova nei riti iniziatici di passaggio, che seguono le stesse fasi di separazione, iniziazione e riaggregazione.
Il distacco
La separazione spaziale e temporale dai luoghi, dalle frequentazioni e dai comportamenti abituali è l’elemento essenziale del cammino.
Molte ricerche in tema di delinquenza giovanile infatti concordano nell’affermare che oltre ad alcuni fattori individuali (basso successo scolastico, iperattività e impulsività, propensione a comportamenti antisociali nell’infanzia, ecc.), esistono dei fattori di natura essenzialmente ambientale a cui l’individuo è esposto durante la socializzazione, che influenzando la definizione dell’identità sociale e lo sviluppo della personalità faciliterebbero l’adozione di modelli comportamentali devianti o criminali in età adolescenziale e preadolescenziale.
Le spiegazioni criminologiche basate sulle teorie dell’apprendimento parlano a questo proposito di “fattori di rischio” a cui in generale sono stati esposti i delinquenti giovanili cronici e quasi tutti coloro che adottano comportamenti criminali in età molto precoce. Tali fattori possono essere di natura familiare o socio-economica, legati al gruppo di pari o all’ambiente scolastico e di quartiere in cui si è inseriti. Nell’ambito di queste teorie il comportamento criminale, al pari di qualsiasi altro comportamento, è considerato frutto dell’apprendimento.
In particolare l’influenza del gruppo di pari sembra a questo proposito determinante. È nell’interazione tra pari che avviene gran parte della socializzazione, ed è nell’interazione tra pari che agiscono con maggiore forza i meccanismi legati all’accettazione sociale del sé: l’imitazione del comportamento, la conferma indiretta (data dall’osservazione di come è ricompensato il comportamento criminale altrui), la conferma diretta (che deriva all’attore dalla ricompensa sociale ottenuta al compimento del primo atto criminale), ecc.
Risultato dell’agire di tali meccanismi è, ad esempio, quello per cui un adolescente può assumere il comportamento criminale di un amico per imitazione, perché osserva lo status sociale da adulto che è assegnato nel gruppo di pari a chi compie questo tipo di atti e le ricompense socio-economiche connesse all’acquisizione di tale status (disponibilità di soldi, maggiore attrattività verso le ragazze, ammirazione e rispetto ottenuto dai pari con cui si compiono materialmente i reati).
Se l’adozione di comportamenti criminali in età adolescenziale è una scelta determinata in gran parte da una carente o errata socializzazione, da condizionamenti ambientali e familiari, dall’influenza del gruppo dei pari e da esperienze di vita in situazioni di emarginazione e degrado, più che come il risultato di una scelta, l’atto criminale può essere considerato come la naturale conclusione di un percorso di crescita e socializzazione in qualche modo esso stesso deviato.
Porre una distanza tra il giovane e il suo ambiente è quindi un prerequisito per poter poi avviare un qualsiasi percorso di recupero e reinserimento. Il distacco fisico dall’ambiente e dai comportamenti quotidiani che consideriamo normali, porta ad un distacco mentale dalle abitudini: queste ultime possono così essere rimesse in discussione dall’agente.
Per questo durante il cammino le comunicazioni sono limitate a quelle verso i familiari: i partecipanti non possono utilizzare cellulari né internet, ed è proibito l’utilizzo di dispositivi di riproduzione musicale. L’esperienza potrà essere raccontata una volta conclusa, ricorrendo alle fotografie e ai diari che i partecipanti sono incoraggiati a tenere. La solitudine aiuta a riflettere, a imparare a pensare autonomamente, senza condizionamenti esterni: questo consente di riprendere in mano e riorganizzare la propria vita liberi da influenze ambientali negative.
Per lo stesso motivo i percorsi di recupero basati sul cammino non sono adatti a individui già completamente entrati nell’età adulta, in quanto le abitudini criminali rischiano ormai di essere totalmente sedimentate ed acquisite, come parte integrante della personalità dell’agente, per essere messe in discussione utilizzando questo metodo.
Il viaggio a piedi
Il viaggio a piedi è un’esperienza che racchiude in sé diversi elementi che aiutano il processo di crescita personale e dell’autostima, obiettivo primario di ogni processo di empowerment, ancor più quando questo è rivolto a soggetti giovani, poco integrati nell’ambiente sociale ed essenzialmente fragili dal punto di vista psicologico.
Innanzitutto spostarsi a piedi per centinaia di chilometri significa affrontare una notevole sfida fisica e mentale. Il cammino può essere affrontato in qualunque momento dell’anno, e quindi i partecipanti si trovano spesso a dover sopportare, oltre al peso dello zaino, ai dolori e alla fatica anche condizioni climatiche avverse, dal freddo pungente in inverno al caldo torrido in estate. Ogni tappa conclusa ha il valore di un successo quotidiano che accresce la fiducia in sé stessi in giovani che si considerano, e che spesso sono considerati dalla società, incapaci di portare a termine qualcosa: oltre a camminare, i ragazzi devono gestire la propria routine giornaliera. Organizzare i pasti, gestire i propri soldi, preparare il campo per la notte e smontarlo il giorno successivo, pianificare le tappe e i momenti di riposo, decidere dove pernottare sono azioni essenziali, senza le quali raggiungere la meta diventa impossibile. Nella maggior parte dei casi i partecipanti si trovano per la prima volta a dover organizzare autonomamente la propria vita secondo una routine, ad affrontare le incombenze suddette: riuscire in questi compiti, non imposti ma dovuti essenzialmente solo a sé stessi, ad una precisa ed autonoma scelta, è già un passo importante. Mano a mano che il cammino va avanti questi piccoli successi si sommano: i ragazzi iniziano ad accrescere la propria autostima. Essere in grado di organizzare e gestire la propria vita quotidiana in condizioni avverse come quelle affrontate lungo il cammino, superando le sfide poste dall’ambiente esterno ogni giorno, è un primo passo indispensabile per convincersi di poter raggiungere obiettivi più complessi. L’arrivo alla meta è il culmine di questo processo di accrescimento dell’autostima. Uno dei partecipanti ai pellegrinaggi organizzati da Oikoten esprime con parole semplici questo concetto: “Quando hai camminato per migliaia di chilometri, tutto è possibile.”.
La solitudine che si sperimenta in alcuni tratti del cammino, i lunghi momenti di silenzio immersi nella natura spesso selvaggia dei luoghi che vengono attraversati, sono alcuni degli elementi essenziali delle esperienze di pellegrinaggio giudiziario. L’eliminazione delle interferenze esterne è infatti solo una parte della “terapia”: obiettivo del cammino è quello di rimettere il partecipante in comunicazione con sé stesso e con i propri bisogni interiori, facendo riemergere la sua essenza più profonda, parti della personalità dimenticate o seppellite nel tempo perché incompatibili con l’ambiente in cui si è a lungo vissuto. Essere soli facilita questo processo di riappropriazione del sé, al punto che alcune organizzazioni prevedono nei loro percorsi alcune tappe che il partecipante deve percorrere in assenza dell’accompagnatore. Essere autorizzati a percorrere alcune tappe in solitudine è un’attestazione di fiducia che contribuisce ad accrescere l’autostima del ragazzo.
Il viaggio rappresenta un’esperienza di risocializzazione con il mondo degli adulti. Nella maggior parte dei casi infatti i partecipanti hanno una storia di rapporti conflittuali con questi ultimi, siano stati essi membri del gruppo familiare, esponenti del sistema giudiziario, ecc. In generale l’adulto è visto come un censore, che svolge esclusivamente una funzione giudicante verso le scelte fatte. Reimpostare un corretto rapporto con il mondo degli adulti è d’altra parte essenziale ai fini del reinserimento sociale. Gli aspetti del cammino che stimolano questa evoluzione nel partecipante sono essenzialmente la presenza costante dell’accompagnatore e l’insieme degli incontri fatti lungo il cammino. Il mondo degli escursionisti è permeato da un’atmosfera informale e fraterna, ed è composto da individui di età, provenienza, background culturale e vissuto molto eterogenei. Questa atmosfera incoraggia un’interlocuzione sincera ed empatica, favorisce il libero scambio di opinioni con gli adulti. Trovare persone in grado di ascoltare senza preconcetti, che fanno domande sul passato e sul futuro senza giudicare, porta naturalmente il giovane partecipante a riflettere su quanto fatto in passato, su quanto fare al ritorno.
Il rapporto con l’adulto accompagnatore, allo stesso modo, non deve essere impostato attorno al concetto di autorità. L’accompagnatore non è un sorvegliante né un assistente sociale, ma piuttosto una figura benevola, capace di ascoltare empaticamente e motivare, con cui scambiare opinioni e a cui raccontare le proprie esperienze. Allo stesso tempo egli aiuta il giovane nei momenti di difficoltà dando consigli e spronandolo a superare i propri limiti, aiutando quando le asperità e la durezza del cammino sembrano far allontanare l’obiettivo. Per accrescere l’interdipendenza, l’interazione e rafforzare i rapporti tra accompagnatore e ragazzi, tutti i partecipanti al cammino vivono nelle stesse condizioni materiali, gestendo in comune le stesse risorse economiche.
CONSOL CONSORZIO DI COOPERATIVE SOCIALI
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